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          Credo sia assolutamente umano e normale che, tra vari oggetti della 
          stessa specie che noi possediamo, ad esempio un gruppo di penne o di 
          cravatte o di orologi, ci sia sempre l’oggetto cui siamo più 
          affezionati degli altri. A maggior ragione anche nell’ambito di una 
          collezione di fotocamere classiche accade che si tenga di più a 
          “quella” macchina, per dei motivi che non sempre hanno un valore 
          oggettivo, anzi, molto spesso non è quella la macchina che ha un 
          valore o pregio maggiore sul mercato. Questa breve premessa serve a 
          chiarire i motivi per cui oggi io voglio parlarvi a fondo della 
          Rolleiflex SL66, la macchina che, all’interno della produzione Rollei, 
          è la mia preferita; forse trasmetterò a qualcuno di voi quella 
          passione che in altri paesi, quali soprattutto la Germania e gli Stati 
          Uniti, raccoglie schiere numerosissime di estimatori, al punto da far 
          nascere dei Club dedicati solamente 
          alla SL66
          con dei gruppi di 
          discussione via Internet all’interno dei quali vastissimo è lo scambio 
          di esperienze. 
          
            
          
          
          Oggi è molto più frequente che io esca a fotografare con la mia SL66 
          piuttosto che con una 2,8F od una 3,5F, preferendola addirittura alla 
          2,8GX Edition  o alla Automat. 
          
          La 
          Rolleiflex SL66 è stata presentata, come dice la sigla, nel 1966; fu 
          quello uno degli anni più prolifici della produzione Rollei 
          post-biottica e fu l’anno, bisogna ricordarlo, in cui fu presentato 
          anche il piccolo gioiello Rollei 35. Ma ben diverse erano gli utenti 
          cui le macchine si rivolgevano. 
          
          La 
          SL66 nasceva completamente dedicata al mercato professionale, al quale 
          offriva una macchina 
          estremamente sofisticata, duttile e completa. 
          
            
          
          La 
          letteratura italiana riguardante la SL66 è assolutamente carente se si 
          eccettua il caso del libro di O.F. Ghedina “Il nuovo manuale Rollei” 
          edito da Il Castello – Milano. Ed è proprio dall’introduzione di 
          questo libro che vorrei partire dal momento che in meno di una pagina 
          è condensata tutta l’essenza di questa macchina; libro che, se me lo 
          permettete, vi consiglio sinceramente di cercare. 
          
          “Se 
          si prescinde dall’aumento di peso ed ingombro, con la Rolleiflex SL66 
          si hanno tutti i vantaggi della Rollei biottica, con in più le 
          innumerevoli possibilità di applicazioni offerte dal sistema reflex 
          monobiettivo in generale, ed in particolare dalle soluzioni tecniche 
          specifiche dell’apparecchio in esame. 
          
          
          Della Rollei biottica abbiamo già detto che è la macchina più 
          riposante e più sicura del mondo, qualità che derivano dalla sua 
          tipica concezione e dai rigorosi criteri con cui viene costruita. La 
          pratica conferma quanto le nostre affermazioni siano vere. Ma è 
          altrettanto vero che il sistema bioculare ha dei limiti: primo gli 
          obiettivi fissi, secondo l’immagine visibile sul vetro smerigliato non 
          è quella che effettivamente andrà ad impressionare la pellicola 
          (parallasse, n.d.r.), inoltre l’impossibilità di cambiare obiettivo 
          può costituire effettivamente una preclusione determinante. 
          
          Il superamento delle 
          predette limitazioni comporta una rinuncia; la rinuncia alla 
          fotografia facile. Della Rolleiflex SL66 bisogna dirlo: non è la 
          macchina per la fotografia “a cuor leggero”. E’ una macchina che non 
          lascia insoluto nessun problema, completa quanto può esserlo la più 
          perfetta macchina su banco ottico di cui possiede perfino la 
          caratteristica più qualificante: il basculaggio del portaobiettivi per 
          l’estensione della nitidezza e della profondità di campo. Tuttavia, 
          non disponendo del basculaggio del dorso né dei decentramenti veri e 
          propri, essa non vuole assolutamente essere una compatta a banco 
          ottico”.- 
          
           Vediamo quindi quali sono i 
          punti di forza qualificanti di questo intramontabile classico. 
          
          
          1)      Un robustissimo soffietto incorporato, che permette di 
          effettuare riprese al limite della macrofotografia già con l’obiettivo 
          normale, costituito dal Planar 80/2,8. 
          
            
          2)      
          Il basculaggio 
          dell’obiettivo, che collegato al soffietto, permette di estendere 
          enormemente la profondità di campo secondo il principio di Scheimpflug. 
          Tale basculaggio agisce entro il limite verticale di 8° verso l’alto e 
          verso il basso. A chi potesse sembrare un limite quello di 8° 
          consiglio di effettuare una verifica montando uno degli obiettivi 
          grandangolari Distagon, o il 50mm o il 40mm. Sarà impressionante 
          l’aumento di profondità di campo ottenuto. La variazione dell’angolo 
          di inclinazione dell’obiettivo, verso l’alto o verso il basso, è 
          immediatamente controllabile su una scala graduata che compare su una 
          targhetta solidale con il soffietto estensibile. Questa targhetta 
          evidenzia in un sol colpo le scale per il tiraggio del soffietto, i 
          fattori di ingrandimento e l’inclinazione dell’obiettivo. 
          
          
            
          
          3)      
          L’unificazione della baionetta sia per l’innesto dei filtri che 
          per l’attacco 
          al corpo macchina. Questa idea 
          geniale consente di disinnestare l’obiettivo, ed innestarlo rovesciato 
          senza necessità di anelli particolari. Lascio alla vostra 
          immaginazione il rapporto di ingrandimento raggiungibile tra l’unione 
          di questa peculiarità e l’uso del soffietto alla massima estensione. 
          Significa possibilità di macrofotografia senza l’uso di alcun 
          accessorio! Tutti i filtri prodotti, sia di conversione, che per 
          Bianco Nero che  polarizzatori, hanno questa identica 
          baionetta.    
          
            
          
           4)     
          Magazzini portapellicola intercambiabili; evidente la 
          possibilità di effettuare riprese nella stessa sessione con pellicole 
          di diversa sensibilità o caratteristica. E’ sempre presente il 
          selettore per pellicola 120 o 220. 
          
            
          
          
          5)      Pozzetto sflilabile; ciò comporta la possibilità di 
          effettuare la messa a fuoco con il pozzetto normale o con uno degli 
          accessori, quali il pentaprisma girevole che raddrizza l’immagine, o 
          il 
          cappuccio esposimetrico
          con misurazione media o spot ! Ovviamente è 
          intercambiabile anche lo schermo di messa a fuoco. 
          
            
          
          
          6)      Doppio sistema di otturazione; l’otturatore base è 
          costituito da una robustissima tendina il cui tallone d’Achille può 
          essere considerato il tempo di sincro-flash (1/30) non da fotofinish. 
          La Rollei ha però prodotto una serie di obiettivi ad otturatore 
          centrale per il superamento di tale limite nell’occasione di riprese 
          con elevati tempi di otturazione. Ciò, insieme alla possibilità di 
          bloccare lo specchio in alto e di utilizzo della posa B (tendina tutta 
          aperta) permette di fotografare con tempi rapidissimi. 
          
          
           7)      Adattamento scala profondità di campo; nella manopola 
          di messa a fuoco è previsto un 
          selettore per l’adattamento ai vari 
          obiettivi in uso, con modificazione  automatica delle variate 
          possibilità di estensione della profondità di campo. 
          
            
          
          
          8)      Segnale di pellicola presente e fine pellicola; per 
          consentire ai più smemorati il controllo totale sullo stato del 
          magazzino portapellicola. Alla base di ognuno di essi inoltre è 
          presente la taschetta ove inserire il memo-pellicola. 
          
            
          
          
           Aspetti di contorno, ma che qualificano il livello di progettazione 
          raggiunto, sono anche: A) l’angolazione anatomica della manopola di 
          messa a fuoco, B) la possibilità di aggancio di una speciale slitta 
          per attacco rapido del treppiede, C) la filettatura del pulsante di 
          scatto per l’uso del flessibile, D) la sicura per il blocco del 
          pulsante di scatto. 
          
          
          Circa i sistemi di blocco e di sicura, è da annotare che la 
          progettazione raggiunse un livello pressoché maniacale, con la 
          presenza di: blocco sul pulsante di scatto, blocco sulla leva di 
          basculaggio, blocco contro l’estrazione dell’obiettivo senza prima 
          aver inserito l’apposito volet, blocco contro l’estrazione del 
          magazzino senza aver prima inserito il medesimo volet, che assolveva 
          quindi due compiti, oltre naturalmente al blocco contro le doppie 
          esposizioni. 
          
          
          Anche il livello delle ottiche a corredo fu altissimo con obiettivi 
          che comprendevano ottiche con diaframma automatico dal Fish-Eye 
          Distagon 30mm/3,5 al Sonnar 250mm/5,6 ed all’analogo Sonnar 250mm con 
          lenti alla fluorite ed apertura f.6,0 ed ottiche con diaframma a 
          preselezione quali i Tele-Tessar 500mm/5,6 – Tele-Tessar 1000/8 ed il 
          catadiottrico Mirotar 1000/5,6. 
          
          
          Naturalmente tutte le ottiche erano prodotte dalla Zeiss, con 
          presumibile “grande gioia” di Victor Hasselblad…!  Ma molti obiettivi 
          furono anche prodotti da Rollei su licenza con il marchio di famiglia 
          HFT dovuto al trattamento antiriflessi High Fidelity Transfer. 
          
          La 
          famiglia delle Rolleiflex SL66 si arricchì nel tempo di alcune 
          versioni sempre più raffinate, quali la SL66 S con esposimetro 
          incorporato TTL a lettura media,  la SL66 SE con il medesimo 
          esposimetro arricchito dalla possibilità di lettura spot,  e la SL66 X 
          che prevedeva il solo controllo TTL della luce lampo. 
          
          
          Infine, a testimonianza del fatto che la Rolleiflex SL66 fu voluta 
          come macchina assolutamente professionale, dobbiamo parlare degli 
          
          accessori che furono progettati e prodotti esclusivamente per essa. 
          
            
          
          Abbiamo già detto 
          degli obiettivi, tra i migliori al mondo in assoluto, e della loro 
          particolarità di avere  le baionette fronte e retro identiche, per 
          poter essere montati in posizione invertita in un attimo. 
          
          
          Abbiamo anche accennato alla possibilità di sostituire il cappuccio di 
          messa a fuoco a pozzetto con tre tipi di accessori che sono: il 
          pentaprisma a 45° orientabile, il cappuccio con esposimetro TTL a 
          misurazione media e spot, il cappuccio rigido “loupe” per aumentare il 
          contrasto dell’immagine. 
          
          In 
          particolare, il pentaprisma poteva essere equipaggiato anche con un 
          accessorio speciale quale il paraluce con mirino incorporato con altro 
          mirino da installare sulla sommità del pentaprisma, e tutto ciò per 
          facilitare le riprese sportive. 
          
          I 
          magazzini intercambiabili davano la possibilità di scegliere tra il 
          modello standard per fotogrammi 6x6 oppure il modello per fotogrammi 
          6x4,5 o 4,5x6; è inoltre disponibile il magazzino Polaroid. 
          
          Da 
          non dimenticare anche la possibilità di microfotografia, con gli 
          adattatori Luminar e con i raccordi per microscopio 
          
          La 
          macrofotografia occupò una parte importante nella progettazione; oltre 
          alla dotazione del soffietto estensibile, è stata prodotta sia una 
          serie di tubi di prolunga in 3 lunghezze, sia uno speciale soffietto 
          di prolunga su slitta. Se a ciò aggiungiamo uno speciale duplicatore 
          di focale con lenti ad altissima resa, ci rendiamo conto che la SL66 
          fu vista soprattutto come una macchina da studio per riprese statiche, 
          più che una macchina da reportage. 
          
          Ciò 
          è ben testimoniato da un altro particolare costruttivo riguardante la 
          messa a fuoco. Data la presenza del soffietto, è evidente che tutti 
          gli obiettivi sono privi di elicoide e la corretta messa a fuoco si 
          ottiene per mezzo della grossa manopola sulla sinistra; questa non 
          adotta un ingranaggio con pignone a corona, ma è stata dotata di una 
          spirale di Archimede.  
          
          Ciò, 
          se da un lato non consente focheggiature rapidissime dovendo fare 5 
          giri completi della manopola per passare dalla minima alla massima 
          distanza di focheggiatura, d’altro lato consente spostamenti 
          micrometrici della massima precisione.  
          
          Ma 
          perché preferire la SL66 ad altre macchine di famiglia? Anche se 
          Ghedina afferma che la foto con questa macchina non è per la 
          “fotografia a cuor leggero” devo invece ammettere che personalmente mi 
          facilita molto le riprese. Il fatto di aver installato il pentaprisma 
          per la visione a livello dell’occhio e l’aver sostituito lo schermo di 
          messa a fuoco con un “Intenscreen” della Beattie/Fresnel (vi assicuro 
          che è come avere una lampada nel pozzetto…) mi rende assolutamente 
          semplice ed immediato il fotografare. Inoltre, tutti i sistemi di 
          blocco e sicurezza mi danno una grande tranquillità, anche se dopo una 
          esperienza un po’ sofferta, lo confesso.  
          
          E’ poi una grande 
          sicurezza il sapere che posso uscire con la valigetta corredo 
          originale che contiene la SL66 completa di magazzino e Planar 80/2,8 
          oltre ad un magazzino di ricambio ed agli obiettivi Sonnar 150 e 
          Distagon 50 più i filtri polarizzatore, giallo e arancio ed un ottimo 
          scatto flessibile.- In queste condizioni si è 
          pronti ad affrontare 
          qualsiasi tipo di ripresa, dal paesaggio, al ritratto, alla macro, 
          sapendo di poter contare su meccanica ed ottica ai massimi livelli mai 
          raggiunti. 
          
            
          
          
          Certamente mi si potrà obiettare che anche con un analogo corredo 
          Hasselblad si potrebbe fare altrettanto o quasi (no soffietto, no 
          macro…); ma cosa volete che vi dica, io sono un collezionista Rollei, 
          non Hasselblad. 
          
           * 
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